La rivincita artistica delle donne
- Redazione Prima Pagina
- 2 lug 2020
- Tempo di lettura: 5 min
Gli anni Sessanta e Settanta rappresentano un periodo di grande stravolgimento economico e politico, il quale avrà ripercussioni sui temi sociali e culturali italiani, partendo dagli anni Cinquanta, dal secondo dopoguerra, quando si verificò una forte crescita economica e sviluppo tecnologico dopo l'iniziale fase di ricostruzione. Questo periodo è detto il “miracolo economico”, fase in cui l’Italia assume un forte peso caratterizzato dall’esportazioni di prodotti italiani.
In questo contesto la società subì una serie di trasformazioni che cambiarono il volto del paese a partire dalla grande migrazione degli abitanti del sud verso il rinnovato nord, avanzato negli ambiti lavorativi e sempre più all’avanguardia grazie alle nuove tecnologie che spinsero i contadini e allevatori del meridione a lasciare le campagne per trasferirsi nelle città le quali sempre più prendevano le vesti di grandi metropoli. Sulla tavola degli italiani compaiono stabilmente la carne e i latticini, mentre nelle case diventa normale possedere almeno un televisore, il quale diventa l’elemento aggregante della vita familiare,il veicolo con cui si affermò la lingua nazionale a discapito dei dialetti.
Tutto ciò contribuì ad una serie di trasformazioni sociali: il ceto dei coltivatori subì una drastica riduzione mentre aumentava la piccola borghesia e la classe operaia. Nel passaggio dal mondo rurale a quello urbano, dalla famiglia patriarcale a quella nucleare, le donne vissero mutamenti profondi del proprio ruolo in tutte le sfere della vita sociale: sul piano affettivo, come su quello domestico, lavorativo, sociale e culturale. La vita delle donne cambia radicalmente in questo periodo conquistando una serie di vittorie per la parità di diritti. Basti pensare che nel 1946 ebbero il diritto al voto per la prima volta ma fu solo negli anni Settanta che le organizzazioni politiche crearono spazi per le donne. Inoltre questi sono gli anni in cui la legislazione cambia a favore dell’ emancipazione femminile si approvarono importanti riforme come quella sul diritto della famiglia del 1975, che sanciva la parità giuridica tra i coniugi; il referendum sul divorzio del 1974, in cui si chiese ai cittadini se volessero o meno abrogare la «legge 898/70, Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio», rivelò giudizio favorevole per quasi il 60% degli italiani, mostrando chiaramente che la società italiana era cambiata, che il ruolo della donna non poteva più essere confinato nella gestione della casa e della famiglia. Ancor di più la legge che legalizzava e disciplinava l’interruzione volontaria della gravidanza sancito nel 1978. La battaglia per il diritto all’aborto, infatti, fu quella più dura combattuta contro l’ideologia della chiesa cattolica con manifestazioni in piazza e campagne informative, per le femministe diventò un simbolo del carattere politico della riproduzione. Caratteristici in questo periodo furono i concorsi di bellezza che incoraggiavano le donne a prendersi cura del proprio aspetto con l’uso dei cosmetici e di vestiti succinti, ad esempio l’introduzione della minigonna, essa fu uno dei simboli maggiori di cambiamento, rappresentava infatti un indumento che pochi anni prima non sarebbe stato assolutamente tollerato.
Quando i mezzi di comunicazione di massa raggiunsero tutti gli strati della popolazione l’esempio dei film hollywoodiani, in contrapposizione con i programmi RAI, portarono ad un evidente mutamento del ruolo della donna televisiva. Le belle ragazze immortalate come vallette in programmi condotti da presentatori divi cedettero il passo alle vere donne di cinema, nuovi modelli femminili le quali fumavano portavano i pantaloni e guidavano le automobili, simbolo della prosperità che gli uomini consideravano di loro esclusiva proprietà,tutte immagini che affascinavano le italiane nonostante fossero ancora distanti dalla loro realtà quotidiana. Ma in questo periodo la donna, che sempre più guadagnava e acquisiva importanza a livello sociale e culturale, tendeva a mostrare la sua nuova condizione di vita, finalmente una giovane ragazza poteva ambire allo studio, al lavoro e anche ad un ruolo politico, il fatto sconcertante è proprio la repentinità con cui questi avvenimenti hanno cambiato il pensiero degli italiani, una donna nata negli anni quaranta e cresciuta negli anni sessanta e settanta aveva le possibilità che alla propria madre furono state negate.
Questo salto in avanti porto nuova fiducia nelle donne, grazie alle lotte femministe e ai vari fattori che le introdussero anche nel mondo dell’arte. Negli anni Sessanta le donne artiste iniziarono a organizzarsi in gruppi di orientamento femminista, a pubblicare bollettini, a organizzare mostre in luoghi alternativi per attaccare le istituzioni museali che tendevano a emarginarle. Il discorso femminista si sofferma sulla possibilità di creare un’arte delle donne con l’intento di decostruire gli stereotipi e far risaltare la donna come essere unico e autonomo. Le numerose artiste iniziano a usare la fotografia (di cui le donne quasi sembrano appropriarsene come proprio strumento artistico, anch’esso all’inizio sottovalutato dagli artisti che lo utilizzavano solo come mezzo prima di capirne le vere potenzialità)come testimone oculare della realtà, si concentrano sulla rappresentazione del corpo, lavorano sulla trasformazione dell’identità attraverso uno sguardo che si pone simultaneamente davanti e dietro l’obbiettivo. La donna cessa così di essere l’oggetto della visione e del desiderio altrui per dare vita ad un processo di riappropriazione del corpo, della sessualità e della sua rappresentazione simbolica. Grazie alla riscoperta del corpo femminile le fotografe hanno potuto intraprendere vie, artisticamente parlando, differenti tra loro per la ricerca di un proprio linguaggio con cui esprimersi. Alcune hanno voluto testimoniare le lotte sociali delle donne con fotografie divenute simbolo della conquista delle pari opportunità, altre si sono concentrate sul dolore rendendolo parte integrante della vita di ogni individuo. Le artiste più introspettive usano la fotografia per dar vita al proprio dolore fisico o esistenziale, utilizzando il corpo come veicolo e trovando nella fotografia un modo per liberarsene o condividerlo. Il corpo femminile diviene la figura maggiore di rappresentazione artistica, che sia trattato in modo ironico, simbolico o per protesta esso esprime la bellezza e l’armonia, la perfezione del corpo umano in senso meccanico in opposizione con i limiti mentali dello stesso. L’arte e la fotografia femminista degli anni Settanta hanno voluto lavorare sulla emancipazione della donna dando risalto al corpo come essenza non soggetta allo sguardo maschile. Visto attraverso gli occhi di un uomo il fisico di una donna assume elementi di sola bellezza ideale e classica, visto con gli occhi di una donna esso esprime il disagio, la paura, il coraggio e i sentimenti nascosti in uno sguardo o in un gesto. La rivoluzione della fotografia sta proprio nella rappresentazione oggettiva e non filtrata di un soggetto, in questo caso una donna, non più angelo etereo destinato al paradiso ma persona artefice e consapevole del proprio destino, autrice della nuova visione artistica della donna.
L’avanzamento del tempo assieme alla serie di conseguenziali mutamenti nell’ambito sociale hanno permesso che le donne potessero vivere un’esistenza considerata bohémien a confronto delle aspettative delineate prima della conquista del suffragio femminile. L’artista donna poteva finalmente esprimere sé stessa, assumendo consapevolezza del proprio essere e della propria maniera di fare arte, lontana dalle ideologie arcaiche e avvicinandosi sempre di più alle opportunità che il nuovo millennio aveva da offrire.
Benedetta Testa
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