A scuola con la diversità: chi sono i bambini gifted?
- Redazione Prima Pagina
- 22 ago 2020
- Tempo di lettura: 4 min
Una delle serie tv più acclamate dal pubblico americano e non, è The Big Bang Theory, divertente sitcom piena di riferimenti colti al mondo della scienza. Quel che più ci colpisce di questo gruppo di aspiranti scienziati è la loro intelligenza che, spesso, va a braccetto con le fobie più strane come nel caso di Sheldon Lee Cooper. Ora, proviamo per un attimo ad immaginare un piccolo Sheldon nella High School alle prese con i tipici problemi adolescenziali: è lì che Chuck Lorre e Steven Molaro hanno il colpo di genio, che si concretizza nella serie tv “Young Sheldon”.
Come molti già sapranno, Sheldon, interpretato da Jim Parsons, è un fisico teorico con il sogno di vincere un premio Nobel per la fisica, ma nello spin-off “Young Sheldon” veniamo a conoscenza delle sue radici, del rapporto con la scuola e i compagni, ma soprattutto capiamo che il piccolo Sheldon è un bambino speciale.
Interpretato magistralmente da Iain Armitage, Shelly, come lo chiama la religiosissima madre Mary di fede battista, risulta essere sempre un passo in avanti rispetto agli altri ragazzi, anche se più grandi di lui. Il piccolo studente-ricercatore ha, infatti, un QI di 187, chiaramente al di sopra della media.

In una puntata della prima stagione Shelly si chiede perché viene visto come un semplice bambino dalla ragazza a cui è interessato, più grande di lui e già automunita (Sheldon ha solo nove anni). Mary, la madre dagli occhi sempre lucidi, gli spiega che esistono diversi tipi di maturità come la maturità emotiva, intellettuale e fisica. Il piccolo dalle tante domande si interroga sulla prima, che di fatto non sembra dimostrare in molte situazioni sociali, mettendo spesso in difficoltà la famiglia.
Quello che succede a Shelly non è solo parte di un copione, ma rappresenta in maniera verosimile la vita scolastica di tutti i giorni dei cosiddetti bambini plusdotati.
Il loro QI è tale da essere uguale o superiore a 130 e le statistiche ci dicono che essi sono il 5% degli studenti italiani, cioè almeno un bambino per classe. Qui però non si vuole parlare di numeri, piuttosto capire le reali esigenze di questi alunni e vedere come la scuola si è attrezzata per fornire loro, come a tutti gli altri bambini speciali, gli strumenti per evolvere al meglio le proprie potenzialità.
Per la prima volta in Italia il MIUR ha riconosciuto e inserito nel sistema BES (alunni con bisogni educativi speciali) anche quelli ad alto potenziale cognitivo, con la nota n.562 del 3 aprile 2019. Nella sezione “alunni e studenti ad alto potenziale intellettivo”, si legge che fra la popolazione scolastica è stata segnalata la presenza di gifted children, per i quali il team docenti è invitato ad individuare un percorso personalizzato col fine di valorizzare le capacità dello studente stesso.
Molti potrebbero pensare che questi ragazzi non possano che avere un futuro brillante grazie alla loro mente, ma è sbagliato. Il potenziale è un qualcosa da preservare e sviluppare ogni giorno. Se il bambino non fosse seguito correttamente, potrebbero verificarsi effetti controproducenti, come per esempio l’inaridirsi delle sue abilità.
Inoltre, non bisogna dimenticare le difficoltà emotive che possono incontrare questi bambini, ognuno con le proprie caratteristiche e punti di forza. Già, perché non tutti reagiscono allo stesso modo, c’è chi manifesta il proprio entusiasmo con continue domande in classe o esclamazioni, chi non ama la compagnia sentendosi diverso, chi il più delle volte manifesta sentimenti di noia e disagio. Essendo così avanti e in grado di discutere di argomenti più complicati, il gifted child potrebbe preferire la compagnia di un adulto al posto di quella di un coetaneo.
Ciò che si evince dalla serie tv “Young Sheldon” è l’attrito tra la sua attività cognitiva e il lato emotivo e relazionale. Il bambino potrebbe intuire questa difficoltà e soffrirne approdando, in casi estremi, a stati depressivi, isolamento o ansia.
È insano pensare a questi bambini come dei supereroi in grado di fare qualsiasi cosa perché, a volte, possono avere brusche cadute nell’apprendimento e riportare deficit certificati come disturbi dell’attenzione, iperattività o condotte provocatorie e oppositive (DOP).
Dunque, come può la scuola italiana valorizzare al meglio questi bambini?
Ad oggi, nonostante il riconoscimento della presenza dei gifted children nelle scuole da parte del MIUR sia un piccolo passo in avanti, non vengono messi in atto percorsi personalizzati per questi studenti.
Con la nota MIUR 11.12.2015, prot. n. 2805 si parla di una didattica flessibile, come nella L. 107 (La Buona Scuola), che possa avvalersi di finanziamenti esterni per l’attivazione di percorsi formativi personalizzati con l’accordo del dirigente scolastico e degli organi collegiali.
Tuttavia, l’impresa è ancora lontana dal compiersi nel nostro sistema scolastico. Gli insegnanti possono comunque avvalersi di due strategie didattiche efficaci per i bambini gifted: arricchimento (approfondimento dell’argomento trattato in classe) e accelerazione (ulteriore sviluppo in una disciplina in cui il bambino acquisisce più velocemente rispetto ai pari, possibile anche con il salto classe).
Il nostro augurio è quello della realizzazione di una scuola inclusiva in cui le differenze siano viste soltanto come valore aggiunto alla classe e dove ogni bambino si senta stimolato e apprezzato, proprio come sogna il piccolo Shelly.
Federica Paluzzi
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